Il segnale che i mercati attendevano è arrivato: la Federal Reserve apre la porta a un possibile taglio dei tassi di interesse già a settembre. A dirlo è stato il presidente Jerome Powell, nel suo attesissimo discorso al simposio di Jackson Hole 2025, il più importante appuntamento annuale per le banche centrali.
Powell ha riconosciuto che l’equilibrio tra inflazione e mercato del lavoro è cambiato, delineando un contesto delicato: da un lato, prezzi al consumo ancora sopra il target del 2%, dall’altro un’occupazione stagnante che rischia di peggiorare nei prossimi mesi.
Perché la Fed valuta un taglio dei tassi
Secondo Powell, “i rischi per l’inflazione restano al rialzo, mentre quelli per l’occupazione si muovono al ribasso”. Una situazione che impone alla banca centrale di bilanciare entrambi i lati del suo doppio mandato: stabilità dei prezzi e piena occupazione.
L’ultimo rapporto sul lavoro ha mostrato un netto rallentamento: tra maggio e luglio la crescita media delle buste paga si è fermata a 35.000 unità mensili, con il tasso di disoccupazione inchiodato al 4,2%. Allo stesso tempo, l’inflazione è stabile al 2,7%, sopra l’obiettivo del 2%.
Gli analisti si aspettano quindi un primo taglio di 25 punti base entro fine anno, che ridurrebbe l’attuale forchetta dei tassi dal 4,25%–4,50%.
La politica economica di Trump e i rischi di stagflazione
Powell ha anche affrontato gli effetti delle politiche commerciali dell’amministrazione Trump. I nuovi dazi doganali stanno già facendo salire i prezzi al consumo, anche se la Fed ritiene che si tratti di un impatto “probabilmente di breve durata”.
Il problema, però, è che la combinazione di inflazione elevata e crescita debole ricorda sempre più lo spettro della stagflazione, una condizione che gli investitori temono particolarmente.
Alcuni economisti avvertono infatti che i lavoratori, vedendo erodere il proprio potere d’acquisto, potrebbero chiedere aumenti salariali, alimentando una spirale prezzi–salari.
Le pressioni della Casa Bianca sulla Federal Reserve
Il discorso di Powell è stato accolto positivamente da Wall Street, che ha chiuso in rialzo nella seduta di venerdì 22 agosto. Decisamente più fredda invece la reazione della Casa Bianca.
Il presidente Donald Trump, da mesi critico verso la Fed, ha ribadito la richiesta di un taglio immediato e più marcato dei tassi e ha attaccato Powell e alcuni membri del board, arrivando a chiedere le dimissioni di Lisa Cook.
Secondo diversi osservatori, queste pressioni minano l’indipendenza della banca centrale, un principio cardine della stabilità economica. La presidente della BCE, Christine Lagarde, presente a Jackson Hole, ha messo in guardia da queste interferenze, ricordando come possano generare “disfunzioni e instabilità” sui mercati.
Il nuovo framework della Fed
Oltre al tema tassi, Powell ha presentato un nuovo quadro strategico di politica monetaria, che segna l’abbandono del target di “inflazione media” introdotto nel 2020.
La Fed torna così a un approccio più tradizionale, basato su un obiettivo flessibile del 2%, senza compensazioni per i periodi in cui l’inflazione è stata inferiore al target.
Secondo Powell, la scelta di tollerare un’inflazione sopra il 2% negli anni post-pandemia si è rivelata inefficace, costringendo poi la banca centrale a rialzi aggressivi per recuperare il tempo perso.
Le prospettive per i mercati
Per gli investitori, l’apertura della Fed a un taglio dei tassi è “musica per le orecchie”, ma Powell ha sottolineato che la politica monetaria non segue percorsi predeterminati.
Le decisioni saranno prese riunione per riunione, in base ai dati su inflazione, occupazione e crescita economica. Nel frattempo, Wall Street resta cauta: dopo il rally di venerdì, i principali indici hanno registrato lievi ribassi nella seduta di lunedì 25 agosto.
La Fed sembra pronta a invertire il ciclo restrittivo dopo oltre un anno di tassi fermi al 5,25%–5,50%, ma Powell invita alla prudenza: l’obiettivo resta mantenere un equilibrio tra crescita e stabilità dei prezzi senza compromettere la credibilità della banca centrale.
Con le elezioni presidenziali alle porte e un clima politico incandescente, i prossimi mesi saranno decisivi non solo per la Federal Reserve, ma per l’intero scenario economico mondiale.